Dal mare al museo digitale: Archeoplastica sta salvando il pianeta
Storia dell’iniziativa lanciata a Ostuni da Enzo Suma per ripulire le spiagge pugliesi e ben presto diventata un fenomeno virale globale
Rifiuti di plastica che arrivano dal mare e che si trasformano in pezzi da museo: Archeoplastica è tutto questo e molto altro. Un progetto innovativo e geniale che ci spinge a riflettere e sta facendo la sua parte per salvare il Pianeta.
L’idea, nata da Enzo Suma, è nata con lo scopo di ripulire alcune spiagge pugliesi dai rifiuti che finiscono ogni giorno in mare. Un modo per sensibilizzare riguardo il tema dell’inquinamento che si è trasformato in un vero e proprio fenomeno virale.
Perché fra i rifiuti che vengono trovati, classificati e mostrati da Archeoplastica c’è di tutto ed è possibile trovare oggetti che risalgono persino a più di mezzo secolo fa.
Esporli nelle mostre significa prima di tutto esibire quanto i tempi per smaltirli siano lunghi e come, una volta arrivati in mare, restino lì per moltissimi anni.
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Il progetto Archeoplastica: un museo per salvare il pianeta
Non si può parlare della genesi di Archoplastica senza citare il suo creatore, Enzo Suma.
Un uomo legato profondamente alla sua terra, la Puglia, e impegnato da più di dieci anni come guida turistica nella splendida Ostuni.
Convinto nella necessità di preservare l’ambiente e cosciente dei danni causati dall’intervento umano, dal 2018 ha cominciato a lavorare per sensibilizzare le persone riguardo il tema dell’inquinamento causato dalla plastica.
Ed è stato proprio durante una delle tante raccolte di rifiuti organizzate in una spiaggia che ha avuto un’intuizione: creare Archeoplastica.
Così, a poco a poco, gli oggetti spiaggiati e raccolti sono andati ad arricchire la collazione di un museo virtuale. Il primo è stato una bomboletta spray con il prezzo, ancora ben leggibile, impresso sulla confezione e in lire. Segno che era in acqua da più di cinquant’anni.
Da lì è partito un lavoro che non si è più fermato, con reperti che si possono datare anche fra gli anni Sessanta e Ottanta e che destano sempre grande stupore. Chi vede le foto dei rifiuti di plastica infatti resta sorpreso nel vedere come le confezioni, dopo anni, siano ancora in perfette condizioni.
Oggi la collezione di Archeoplastica comprende un po’ di tutto, dai flaconi delle creme solari a quelli dei detersivi, dai palloni agli accendini, passando per cannucce e spazzolini.
Oggetti in plastica di fronte ai quali l’erosione del mare e del sole non hanno potuto nulla.
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La forza dei social media per una nuova consapevolezza
Archeoplastica non è solo un progetto intelligente, ma un vero fenomeno social. Ha infatti una fanbase piuttosto ampia con migliaia di follower su TikTok, Facebook e Instagram.
Gli utenti interagiscono, commentano e soprattutto offrono un aiuto concreto per datare gli oggetti in plastica. Un modo nuovo per parlare di educazione ambientale e di inquinamento.
Oltre ai social, le persone possono visionare i reperti visitando il museo virtuale di Archeoplastica.
Sul sito si possono analizzare gli oggetti trovati, mentre non mancano le mostre dal vivo, realizzate grazie a prestigiose collaborazioni.
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Così è cambiato il modo di parlare di inquinamento
Archeoplastica rappresenta senza dubbio un’innovazione e un modo diverso di affrontare una tematica delicata come quella dell’inquinamento nei nostri mari.
L’obiettivo è quello di far riflettere riguardo una gestione sempre più scorretta del fine vita degli oggetti in plastica, abbandonati in acqua e destinati a restare lì per anni.
Un modo per comprendere quanto anche un piccolo gesto possa significare tantissimo.
Per cambiare le cose, d’altronde, non servono dei gesti eclatanti, a volte basta mettere in pratica anche delle piccole azioni che in realtà possono avere un grande valore.
Ad esempio iniziare e riciclare con maggiore attenzione i rifiuti, scegliere di non usare confezioni monouso e trasmettere questa consapevolezza anche agli altri.
Nella convinzione che ognuno di noi ha il potere di cambiare le cose e di salvare – se lo vuole – il Pianeta.
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il museo degli antichi rifiuti spiaggiati creato da Archeoplastica
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